Ospiti del blog (3): Andrea Marinelli intervista Massimo D’Alema

D'alema

Dopo le parole di Bersani di qualche mese fa, torniamo a proporvi il materiale che ci ha inviato Andrea Marinelli tratto dalla sua tesi di laurea “La fine del PCI. L’identità politica dei comunisti italiani tra rotture e continuità (1985-1991)”.

Eccovi un estratto dall’intervista che il nostro giovane storico ha fatto (2010) a Massimo D’Alema:

Come giudicò la dura reazione da parte di tanti dirigenti, storici e non, – in particolare di Ingrao, l’”eretico” del PCI fin dai tempi dell’XI Congresso – e di militanti di fronte alla Bolognina? Come mai, se il PCI era già diverso dalla tradizione comunista, si ebbe una forte contrarietà alla svolta da parte di tanti settori del partito?

Proprio per questo. Innanzitutto c’è da dire che la reazione fu molto contrastata. Il fatto è che la cosa fu percepita come un evento drammatico perché in qualche modo il PCI era qualcosa che apparteneva alla vita di tantissime persone. Parliamo quindi di una svolta che ebbe anche aspetti profondamente esistenziali: non fu soltanto un evento meramente politico.

La motivazione del “No” fu esattamente questa, che, essendo il PCI l’espressione di un comunismo diverso rispetto al comunismo sovietico, non potesse essere considerato un partito che aveva quelle responsabilità, cioè le responsabilità che portarono poi al collasso del comunismo sovietico. Cioè, in sostanza, la tesi del “No” fu: ”Va bene, crolla il comunismo sovietico, ma noi non eravamo parte di quel comunismo. Eravamo parte di un comunismo democratico che non solo non crolla ma anzi per ceti aspetti in questo momento trova una conferma”. La tesi di Ingrao era questa: “Il crollo del comunismo sovietico dimostra che avevamo ragione noi, noi che sostenevamo un comunismo eretico, un comunismo democratico. Eravamo nel giusto, quindi perché dobbiamo sciogliere il PCI, nel momento in cui la storia ci dà ragione?” Questo ragionamento era sbagliato a mio giudizio, però nasceva da un giudizio proprio sull’esperienza storica del PCI e sul fatto che noi eravamo stati l’espressione di un comunismo eretico, e quindi come tale non toccato dalla crisi del comunismo sovietico.

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